Avevo cambiato da poco lavoro, ma la nuova azienda non faceva per me. L’ambiente lavorativo era soffocante, mi toglieva la voglia di alzarmi la mattina.
Da tempo sentivo il bisogno di lasciare il controllo di gestione, ma non avevo ancora chiara la direzione da prendere. Una cosa, però, era certa: non avrei più accettato un lavoro che mi prosciugasse l’energia e mi impedisse di crescere, non solo professionalmente. Ho sempre creduto che il lavoro dovesse arricchirmi anche sul piano umano. Non ero più disposta a sacrificare la mia salute mentale per uno stipendio.
Dovevo capire cosa fare della mia vita, rimanendo fedele a me stessa e allineata con il mio vero sé. Finalmente avevo tempo per me e, stavolta, sapevo esattamente come usarlo: un viaggio in Asia. Il periodo era perfetto. Ero partita con l’idea di visitare la Thailandia per il Loy Krathong, ma all’ultimo momento ho deciso di ammortizzare il costo del biglietto e aggiungere Cambogia e Laos.
E così, senza esitazioni: pronti, partenza, via!
In un mese ho studiato i must-see dei tre Paesi e messo insieme un itinerario ambizioso. Partenza a fine novembre, rientro a febbraio. Obiettivo? Fotografare, esplorare, mettermi alla prova. Prima tappa: i templi della Thailandia del Nord (guidando per la prima volta a sinistra! 🥶). Poi Cambogia, con le isole di Koh Rong e Koh Rong Samloem, una puntata a Kampot e Kep, prima di risalire fino alla capitale e proseguire verso il Laos. In Laos non mi sono fermata alle solite tappe -Luang Prabang, Vang Vieng e Vientiane- ma sono arrivata fino alle Plain of Jars e alle 4.000 Isole. Poi, di nuovo Thailandia: mare e parchi nazionali (Khao Sok, Isole Surin, Phi Phi Island, Koh Lipe, Koh Tarutao).
Non mi sono risparmiata. Avevo pianificato tutto per bene, ma si sa, gli imprevisti capitano… e così ho allungato il viaggio di qualche settimana 😁. Tornassi indietro, rimarrei altri due mesi. Anzi, no: uno e mezzo, perché poi ho iniziato un corso di imprenditoria digitale. Un corso comparso dal nulla, caduto a fagiuolo 😅. Buffo, vero? Non appena ho scelto di cambiare, l’universo ha fatto lo stesso, mettendomi di fronte alle opportunità perfette, proprio al momento giusto.
I segnali dell’universo, quelli inviati per aprirti gli occhi
Non me ne ero accorta, ma quel simpaticone dell’Universo aveva già iniziato a mandarmi segnali prima della partenza. E ovviamente, io non li avevo recepiti.
Qualche mese prima, ero a Meteora, in Grecia. Un posto surreale: enormi rocce monolitiche su cui si ergono monasteri sospesi nel vuoto. In effetti, il nome Μετέωρα significa proprio questo: “in mezzo all’aria”. Probabilmente le avete già viste, magari senza saperlo: compaiono nel film 007 – Solo per i tuoi occhi e, più di recente, in Il Trono di Spade.

E cosa c’entra Meteora?
All’epoca non ci avevo fatto caso, ma qualche mese dopo, in Laos, ho ricevuto il tassello mancante.
Ero in una guesthouse a Pakse, in attesa di partire per le 4.000 isole. Stavo chiacchierando con alcuni ospiti e la proprietaria, godendoci la fine della giornata. La mia macchina fotografica era sul tavolo e un ragazzo -enorme, occhi scuri-mi ha chiesto se fossi una fotografa.
“Magari lo fossi! Sto imparando!”
Lui ha sorriso e abbiamo iniziato a parlare. Così ho scoperto un lavoro di cui non conoscevo l’esistenza. A dirla tutta non mi era neppure mai passato per l’anticamera del cervello!
Quel ragazzo indiano girava il Laos per fotografare location da proporre ai registi di cinema. Dopo il Laos sarebbe andato in Thailandia. Poi… in Grecia.
E lì, Eureka! Il mio cervello ha fatto due più due.
Fotografia + viaggi + location per film + Grecia = Meteora.
L’universo mi aveva già dato un segnale, ma io non l’avevo colto. Ho dovuto attraversare mezzo mondo per capirlo: reinventarsi è sempre possibile. Le possibilità sono infinite.
Ma di cosa vivono le persone che scelgono di abitare in posti così remoti?
Solo allora tutto si è collegato.
Non che prima non ci avessi mai pensato, ma lo consideravo impossibile. Lavoravo nel controllo di gestione: già avere lo smart working era un lusso, figurarsi vivere su un’isola greca.
Nei miei viaggi avevo incontrato pensionati espatriati, ristoratori, scrittori. Ricordo ancora quando, in una minuscola isola greca con appena un minimarket, Arkoi, ho conosciuto una rappresentante di vini americana, proprietaria di una catena di ristoranti.
Ma quella conversazione in Laos è stata diversa. Per la prima volta, vedevo qualcuno che faceva un lavoro fuori dagli schemi e riusciva a viverci davvero. E lì ho pensato: Se lui ce l’ha fatta, perché io no? Così tante persone trovano una strada alternativa, forse c’è una possibilità anche per me. Forse potevo reinventarmi. Creare un progetto tutto mio. Unire viaggio e fotografia in un lavoro vero. Ho provato una sensazione stranissima, una gioia mescolata all’entusiasmo di un bambino di fronte a una mega coppetta di gelato dopo aver fatto una seduta dal dentista.
È stata una scintilla, un’illuminazione. E da quel momento, nulla è stato più come prima. Ogni nuovo passo aveva una direzione chiara: raggiungere il mio obiettivo.
4.000 Islands on Mekong River -LaosAvevo iniziato questo viaggio per fuggire da un lavoro che non mi apparteneva, ma alla fine ho trovato molto più di una via di fuga: ho scoperto una strada tutta mia. Non era solo una questione di lavoro, ma di libertà, di possibilità che prima non riuscivo nemmeno a immaginare.
Ora so che il cambiamento non arriva tutto in una volta, ma si costruisce passo dopo passo, esperienza dopo esperienza. Ho lasciato la certezza di uno stipendio fisso per un salto nel vuoto, ma con una consapevolezza nuova, anzi due: l’unico modo per essere davvero felice è scegliere ogni giorno ciò che mi fa sentire viva e avere il coraggio di dire sì alle opportunità che bussano alla porta.
Perché l’universo manda segnali, sempre. Sta a noi avere le antennine belle alte per coglierli e decidere se ascoltarli o lasciarli andare. E voi? Avete sintonizzato le vostre antennine?😉